01 Dolce e Gabbana

“Dal Cuore alle mani”, un titolo intrigante, che stuzzica la curiosità, che fa pensare a mani sapienti e ad emozioni parlanti, che invoglia ad andare a vedere una mostra di abiti anche se non si è appassionati di moda… già la moda, cos’è la moda? Se andiamo a guardare sul dizionario Treccani troviamo l’etimologia e diverse definizioni:

mòda s.f. [dal fr. mode che è dal lat. modus “modo, foggia, maniera…”]

1.a. modo, maniera

  1. fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi… di modelli estetici e comportamentali…
  2. riferito all’ambito dell’abbigliamento (ma anche delle acconciature, degli ornamenti personali, del trucco, ecc.)
  3. alla moda, locuz. avv. e agg., secondo il gusto attuale, caratteristico del proprio tempo
  4. Di moda, come locuzione avverbiale conformemente agli usi e ai gusti del tempo, del momento
  5. articoli di abbigliamento per signora
  6. In statistica, moda o norma, il valore per cui si ha la massima frequenza.

Tante definizioni che possiamo riassumere in una sola: quello che piace di più in quel momento.

Ma quando nasce la moda? Senza scomodare gli storici, a spanne, possiamo dire che la moda nasce con l’uomo e va di pari passo con l’arte.

L’arte nasce come esigenza spirituale, forse prima come bisogno di illustrare situazioni particolari come il branco di animali che si potevano cacciare, poi come rito propiziatorio per favorire le attività umane, infine come espressione artistica vera e propria, basti pensare alle incisioni rupestri in Cal Camonica  o in Africa, le pareti decorate delle grotte di Lascaux in Francia o di Altamira in Spagna o in tanti altri siti di arte rupestre dove al bisogno immediato di comunicare si accosta il desiderio di fare bene, di rendere bello quello che rappresentavano e, incredibilmente, a distanza di migliaia di anni, quello che trovavano “bello” i nostri progenitori è bello anche per noi, così come un affresco di Giotto o un dipinto di Raffaello o una statua di Michelangelo a distanza di secoli ci trasmette la stessa meraviglia ed emozione che rapiva i contemporanei di questi grandi artisti.

La moda intesa come la intendiamo noi oggi cioè con l’accezione di modo di abbigliarsi, acconciarsi, ornarsi, ha origini lontanissime, nasce, dicevamo prima, con il genere umano, forse nasce ancora prima dei vestiti quando, per necessità, incominciano a coprirsi ed inizia la ricerca delle foglie più belle, più colorate, più diverse e la prova l’abbiamo ancora oggi nelle tribù primitive dell’Amazzonia o tra gli aborigeni australiani, nasce con l’ostentazione dei denti degli animali uccisi come dimostrazione di forza, di potenza e poi diventa ostentazione di ricchezza nella decorazione dei vestiti con perline e dischetti di avorio.

Perché nell’essere umano nasce questa esigenza di mostrarsi al meglio? Vogliamo azzardare un’ipotesi? Nel mondo animale troviamo spesso una netta differenziazione tra maschi e femmine, se prendiamo gli uccelli troviamo la magnificenza dei pavoni maschi contro la livrea dimessa delle femmine, nei carnivori la criniera del leone che lo differenzia subito dagli altri membri del branco e via così con un’infinità di altri esempi.

Nel genere umano l’uomo sfoggia la propria forza, deve dimostrare di essere in grado di proteggere il suo clan, la femmina deve sottolineare quelle caratteristiche che la fanno desiderare come partner affascinante per salvaguardare la continuità della specie ma non essendo dotati di livree che caratterizzano l’individuo se le inventano facendo diventare di moda quello che era nato come necessità di coprirsi per scaldarsi o proteggersi dal sole.

Anche quando viene inventata la scrittura, quando le religioni si basano su miti complessi che spiegano quello che allora sembrava inspiegabile il desiderio di sembrare più belli, più intriganti, più affascinanti rimane potente e trascinante in ogni ceto sociale. Pensate ai bassorilievi assiri, allo stendardo di Ur

Stendardo di Ur - 2500 a.C. - British Museum - Londra

Stendardo di Ur - 2500 a.C. - particolare - British Museum - Londra

dove ogni funzionario ha il suo abbigliamento che lo caratterizza e permette anche a noi profani di riconoscere il re o il guerriero o il sommo sacerdote. Pensate ai dipinti nelle piramidi egizie, la bellezza di quei colori, gli abiti plissettati in decine di pieghe, l’uso della parrucca colorata nato con l’esigenza di mantenere lontani dalla capigliatura i parassiti e poi divenuto un simbolo, una moda.

Papiro - Museo Egizio di Torino

Ma continuiamo ad avvicinarci a noi attraverso i greci,

Le Cariatidi- Museo dell'Acropoli  - Atene

gli etruschi,

Sarcofago degli sposi, Villa Giulia - Roma

i romani abbigliati tutti in modo più o meno simile, le classi agiate con metri e metri di lino o lana da avvolgere intorno al corpo fermati con spille preziose riccamente lavorate,

 Processione con la famiglia imperiale - Ara Pacis Augustae (Altare della pace di Augusto) - Roma

Ricostruzione dei colori originali della processione Ara Pacis - Roma

gli schiavi e i poveri con abiti corti, pratici, utili per eseguire quei mestieri indispensabili per il funzionamento delle città e di questo modo di acconciarsi ci rimangono testimonianze documentarie nelle statue, nei bassorilievi, nei dipinti e tutto ciò continua fino ai nostri giorni.

Se entrate in una pinacoteca è come se la storia dell’abbigliamento vi passasse davanti, così andiamo dai vestiti medioevali a quelli del Rinascimento, agli abiti sontuosi del barocco alla moda artefatta ed esagerata del 1700, dai vestiti a vita alta diafani e trasparenti dei primi decenni del 1800 alle crinoline enormi che rendevano il semplice gesto di sedersi o di passare attraverso una porta una vera e propria arte.

Fino alla metà del 1800 l’abbigliamento maschile e femminile aveva rispettato più o meno le stesse linee, anche gli uomini indossavano abiti sgargianti, pantaloni super attillati, parrucche “boccolose”, da metà del 1800 gli uomini passano ad un abbigliamento “serio”: pantaloni e giacca, panciotto, cravatta, colori scuri specialmente nella classe media formata da professionisti, banchieri, avvocati che dovevano dare un’idea di ponderatezza e affidabilità mentre per le donne la vera festa inizia nel 1900: abiti che si restringono, si accorciano, aderiscono al corpo per valorizzare ogni curva e poi la rivoluzione più strabiliante di tutte: le donne, di prepotenza, si appropriano di un indumento maschile per eccellenza, i pantaloni, e ne fanno una bandiera di indipendenza.

Perché questa lunga introduzione su un argomento che tutti conoscono? Anche i bimbetti della scuola materna sanno cosa vuol dire essere alla moda e sanno una cosa fondamentale: per essere alla moda bisogna essere come gli altri, mimetizzarsi tra la folla, non essere stonati, non essere diversi e qui abbiamo ribaltato la tesi iniziale che diceva di come gli individui cercano di spiccare nel mucchio per questo la moda affascina così tanto perché scegliere un abbigliamento ti fa entrare in un gruppo dove ti senti accettato, alla pari e nello stesso tempo ti indica come una persona speciale, che si distingue da tutti gli altri.

I grandi stilisti lavorano perché ogni loro creazione sia unica e irrepetibile, i grandi artisti che creano abiti fanno di ogni lavoro un capolavoro unico nel suo genere, lo immaginano, lo disegnano, lo fanno realizzare da mani sapienti e lo rendono un capo alla moda ma non alla moda del momento in cui è stato realizzato ma alla moda di ogni epoca, un capo che non ha età, che non ha un anno di nascita e un anno di morte, e di questi capolavori che esulano dalla categoria abiti ma entrano a pieno diritto nella categoria opera d’arte la dimostrazione lampante ed illuminante, anche per i non addetti ai lavori, è la mostra di Dolce e Gabbana conclusasi da poco a Roma al Palazzo delle Esposizioni.

“Dal cuore alle mani”, questo il titolo di una mostra che è partita da Milano a Palazzo Reale dal 7 aprile al 4 agosto 2024, poi a Parigi al Grand Palais dal 31 gennaio al 2 aprile 2025 e infine è giunta a Roma, al Palazzo delle Esposizioni dal 14 maggio al 13 agosto 2025.

Gli artefici di queta meraviglia sono Domenico Dolce e Stefano Gabbana, i fondatori della casa di alta moda italiana con sede a Milano che crea abbigliamento, profumi, accessori, occhiali, cosmetici ed intimo.

Domenico Dolce è nato in Sicilia, Stefano Gabbana a Milano, cominciarono giovanissimi a lavorare insieme e crearono un’azienda di consulenza nell’ambito del design fino a quando, nel 1985, presentarono la loro prima collezione, da quel momento in poi, ad ogni nuova collezione, la loro fama iniziò a crescere e la fantasia e la creatività dei due artisti iniziarono ad essere riconosciute anche in ambito internazionale diventando in poco tempo gli stilisti preferiti da artisti come Madonna o Lady Gaga.

La mostra parla un linguaggio universale attraverso abiti, accessori, scenografie e ambientazioni che trasportano il visitatore in giro per l’Italia in un susseguirsi di sorprese, colpi di scena, colori rutilanti e sale in bianco o nero.

“Dal cuore alle mani”, un titolo che da solo invita ad andare a vederla perché, quando si parla di cuore, si parla dei più puri sentimenti, delle emozioni più intense, dell’amore più grande e quando questi sentimenti, emozioni e amore passano a mani laboriose, fattive, esperte, artigianali si creano opere d’arte perché solo in questo modo si possono definire gli abiti presentati.

Le sale lungo le quali si snodano le diverse ambientazioni partono da una sorta di enorme torta nuziale candida dove sono esposti raffinatissimi abiti che rappresentano una carrellata tutta italiana. Troviamo così abiti che sono cartoline dei luoghi più immediatamente riconoscibili e inconfondibili del patrimonio culturale italiano dall’immagine del Colosseo a Roma, a Santa Maria del Fiore

e Palazzo Vecchio a Firenze

da Piazza San Marco e canal Grande a Venezia

L’artista Anh Duong, nata in Francia ma con origini spagnole e vietnamite, espone nella stessa sala una serie di suoi autoritratti con indosso gli abiti di Dolce e Gabbana, i dipinti esposti alle pareti in un gioco di specchi rimandano l’immagine dei vestiti e l’immagine del visitatore in un divertente gioco di “mi vedi e non mi vedi”.

Da un tour in Italia da nord a sud, da est ad ovest toccando Taormina, Milano, Venezia, Capri, Portofino, Napoli, Palermo, il lago di Como, Agrigento, Firenze, Siracusa, la Puglia ci veniamo a trovare nella sfilata che celebra il saper fare dei maestri vetrai della Serenissima,

la collezione presentata davanti a Palazzo Ducale nel 2021 è tutto un trionfo di ricami di cristalli e rende omaggio alla tradizione vetraria di Venezia,

abiti fatti di cristalli che richiamano gli specchi dei maestri Barbini e i celebri lampadari della Barovier & Toso. Fondata nel 1295 Barovier è tra le più antiche imprese artigianali a conduzione familiare ancora attive nel mondo, si deve proprio ad Angelo Barovier la realizzazione del “cristallo veneziano” nel 1455.

Una sala dopo l’altra ci si ritrova immersi in atmosfere magiche, ed ecco quindi la ricostruzione in chiave moderna della Sala degli Specchi di Palazzo Gangi a Palermo

dove è stata girata la fantastica scena del ballo nel film di Luchino Visconti, Il Gattopardo, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

dove Burt Lancaster, nei panni del principe di Salina, fa da cavaliere ad una giovanissima e splendida Claudia Cardinale, la straordinaria attrice da poco scomparsa,

nelle vesti di Angelica figlia di Don Calogero, borghese arricchito di modeste origini, promessa sposa di Tancredi, nipote del principe, interpretato da Alain Delon.

La sala successiva è un’esplosione di colori, la Sicilia tutta è rappresentata in questa sala coloratissima, dove al centro troneggia un carretto siciliano.

La decorazione è quella delle ceramiche che rappresentano uno dei prodotti di punta dell’isola, con decorazioni geometriche che si rincorrono e fanno da cornice a cavalieri e duellanti riprendendo un altro patrimonio culturale, quello dell’opera dei pupi proclamata capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’Umanità nel 2001,

E poi specchi, dipinti in un carosello di immagini che stordisce, un mondo magico, fatato che ti avvolge e ti racconta storie:

le storie dei cavalieri del ciclo carolingio, dei romanzi arturiani e bretoni, dei Paladini di Francia al servizio di Carlo Magno con la principessa Angelica, il conte Orlando, Rinaldo, Ruggero, Gano e come nemici i saraceni;

il carretto siciliano con i dipinti dell’opera dei Pupi ma dove troviamo anche Il Bacio di Francesco Hayez come a rappresentare il legame forte che esiste tra Milano e Palermo;

le danze popolari che simulano il corteggiamento e l’innamoramento;

perfino dei frigoriferi che, ci scommetto, ognuno di noi vorrebbe nella propria cucina

o l’indistruttibile ed inimitabile moka express vestita a festa

Dai colori sgargianti che stordiscono e mettono allegria si passa ad una sala dove domina il bianco, ci vuole un attimo ad assorbire la differenza e ad iniziare ad apprezzare l’eleganza e la raffinatezza delle creazioni

Le corazze create con stampa 3D in poliuretano termoplastico per rendere omaggio all’arte dello stucco di Giacomo Serpotta, i pantaloni in cady che scivolano sensuali,

o il trionfo barocco dell’abito corsetto in tulle con decorazioni sempre in stampa 3D

Nella sala dove si parla di Devozione campeggia il cuore simbolo di vita e di amore

che è presente in tante creazioni dei due stilisti a ricordare che per essere artisti bisogna essere devoti alla propria arte. La sala al buio, gli abiti e l’ambientazione in nero illuminati da quei ricami in oro che raccontano altre storie, storie di religione, di fede ma anche di passione e di amore trasportano il visitatore in un luogo segreto dove è possibile raccogliersi in silenzio per leggere nel proprio animo.

Ed ecco l’omaggio a Milano con la rivisitazione di quella Madonnina dorata che è il simbolo e il cuore della città meneghina in un abito in macramé dorato con gioielli in filigrana d’oro per onorare la città dove vengono creati e realizzati a mano tutti i modelli delle collezioni di Dolce e Gabbana mentre la gonna richiama la cupola della Galleria Vittorio Emanuele II.

E ora si va a teatro, entrano in scena i protagonisti dell’opera lirica italiana, su un palcoscenico i più bei vestiti dei personaggi della Traviata, Attila, Aida, Rigoletto, Don Carlo di Giuseppe Verdi,

Tosca, Madama Butterly, La fanciulla del West e Turandot di Giacomo Puccini,

Norma e I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini,

Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni,

Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini,

Una tavola imbandita a sottolineare il cibo, altra eccellenza italiana insieme alla moda e alla musica e intorno la platea con specchi, poltrone rosse in un palcoscenico dove anche i visitatori diventano comparse alla grande festa del teatro.

Ma andiamo avanti con una sbirciatina ad un atelier di alta moda tra pizzi, sete, pajllettes e modelli

 che danno una piccolissima idea di quanto lavoro ci sia dietro un vestito indossato in una serata di gran gala a iniziare dal bozzetto dello stilista

al taglio della stoffa

All’imbastitura del vestito

Alla realizzazione del modello

Da una stanza all’altra, da un sogno all’altro per giungere in quello che è il fondamento della nostra civiltà, quel cuore antico di storia, di templi, di religione, di miti; in una riproduzione del meraviglioso tempio della Concordia ad Agrigento regine e divinità si offrono all’adorazione dei visitatori

Vestiti che riprendono le forme e le figure dei vasi attici,

abiti  preziosi che scivolano addosso rimandando ad un olimpo affollato di divinità,

e ancora i vasi che diventano abito nel contrasto tra figure o sfondo rossi o neri

e quelle tuniche che le divinità dell’Olimpo avrebbero fatto a gara per indossare.

Nel 2017 Dolce e Gabbana presentano davanti al duomo di Monreale in Sicilia la sfilata che rende omaggio a questo capolavoro che riunisce in sé influenze arabe, normanne e bizantine mentre quella presentata a Venezia per l’autunno-inverno 2021-2022 è un tributo all’arte bizantina dei mosaici di San Marco

e ritroviamo regine incoronate

disegni geometrici

angeli, Madonne e Santi

Vi sentite un po’ sfacciati? Allora andiamo a dare una sbirciatina a cosa c’è sotto il vestito. Ecco a voi, signore e signori il corsetto…

Da secoli utilizzato per rimodellare il corpo di uomini e donne e fargli assumere una postura corretta mettendo in evidenza i tratti salienti della figura si è adattato di volta in volta all’abito seguendone le linee e le evoluzioni.

Per finire un salto nell’arte sarda e nelle sue tradizioni con abiti realizzati anche da maestranze dell’isola.

Chiari i riferimenti alle festività come la processione di Sant’Efisio che si svolge a Cagliari ogni anno all’inizio di maggio in un omaggio alle tecniche di tessitura come i pibiones motivi a grappolo d’uva realizzati a mano su antichi telai, decori ispirati alle piante e agli animali dell’isola che rimandano alla tradizione del coccoi pintau, il pane scolpito e poi i gioielli in filigrana in oro che risale alla millenaria lavorazione presente sull’isola fin dai tempi dei fenici.

Anche i vestiti tradizionali trovano posto nella collezione come il cappotto di lana rustica indossato dai Mamuthones durante la cerimonia del carnevale di Mamoiada, un rituale che simboleggia l’eterna lotta tra bene e male, il passaggio tra la stagione invernale e quella estiva.

La mostra finisce così, con l’immagine dei costumi sardi

che richiamano alle più antiche tradizioni e chiudono il cerchio di un viaggio che non è solo abbigliamento, non è solo moda ma è l’espressione più alta di quel saper fare con il cuore e con le mani che è il motore che porta i prodotti italiani in tutto il mondo perché dietro ad ogni abito,

ad ogni gioiello, ad ogni capo di abbigliamento ma possiamo ampliare il nostro catalogo aggiungendo anche le automobili e tutto quanto quello che concorre a distinguere un prodotto italiano da qualsiasi imitazione,

c’è la sapienza che viene da antiche tradizioni, da artigiani orafi, vetrai, pellai, ceramisti, che realizzano prodotti di qualità rendendo ognuno unico e inimitabile.

Però c’è da dire un’ultima cosa, i due stilisti sono straordinari ma il loro lavoro è stato facilitato dal fatto che in Italia, ovunque guardi, c’è bellezza: città uniche al mondo, paesini incantati, storia, arte e natura che ti strega, meraviglie.

Ma la bellezza non la trovi solo nei musei e nelle chiese, nelle piazze e nei palazzi, si trova anche dentro ognuno di noi.

È come se i millenni di storia della nostra terra si siano stratificati nelle nostre memorie e se andiamo a scavare come bravi archeologhi nei nostri geni troviamo l’orgoglio di appartenere ad una terra così ricca, la coscienza del debito che abbiamo con chi ci ha preceduto, l’impegno a salvaguardare un tesoro così straordinario per i nostri figli e i nostri nipoti.

Se indaghiamo nel nostro io troviamo ricordi di gesti antichi nati dalla maestria di artisti e maestri artigiani, troviamo i versi di Virgilio e la poesia immortale di Dante che ancora oggi vivono nel nostro linguaggio, la genialità di Giotto, Leonardo, Donatello o Brunelleschi, la potenza e la dolcezza di Michelangelo, le madonne di Filippo Lippi e di Raffaello, il genio scapestrato di Caravaggio, le scoperte di Galileo, la storia di Renzo e Lucia, tutto questo fa parte del nostro retaggio culturale che è unico al mondo.

“Dal cuore alle mani”…  agli occhi… di chi guarda e ritrova in un vestito cosa significa vivere in un paese dove l’eccellenza è la regola e non l’eccezione.

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